DIGITAL DEATH

DIGITAL DEATH

Facebook è popolato da fantasmi. Non è dato sapere con precisione quanti siano, ma superano sicuramente i 30 milioni. È il numero di profili Facebook appartenuti a persone decedute. Un numero ovviamente destinato a crescere a grande velocità (circa 8mila persone ogni giorno), al punto che – secondo uno studio condotto dall’Università di Oxford – nel 2080 supererà i due miliardi e mezzo e raggiungerà i 5 miliardi entro la fine del secolo. Questa cifra è stata calcolata immaginando che Facebook continui ancora a crescere, nei prossimi decenni, al tasso attuale del 13% annuo. Nel caso in cui Facebook smetta invece di attrarre utenti, il numero di utenti morti (seppur inferiore in termini assoluti) supererebbe quello dei vivi nel giro di 50 anni, trasformando il più grande social network al mondo in un vero e proprio cimitero digitale.

Nonostante sia impossibile stimare con precisione i numeri di questo fenomeno, lo studio punta gli occhi su un tema ancora oggi troppo poco dibattuto: quello della morte sui social network (affrontato in Italia da studiosi come Davide Sisto e Giovanni Ziccardi). “A livello di società, abbiamo appena iniziato a porci domande su questo ambito e abbiamo ancora molta strada da fare”, ha affermato uno degli autori della ricerca, Carl Ohman.


Cosa succede dopo?
Affrontare questo tema non significa quindi indugiare sugli aspetti più macabri della nostra epoca digitale, ma decidere come vogliamo affrontare un fenomeno che solo oggi inizia a essere visibile e che, col passare del tempo, sarà sempre più importante. “Nel corso della storia non c’è mai stato un così vasto archivio di cultura e comportamento umano, tutto assemblato in un unico posto. Controllare questo archivio, in un certo senso, vuol dire essere in controllo della nostra storia”, ha spiegato il co-autore David Watson.
Per riuscire in questa impresa, però, bisogna prima decidere cosa vogliamo farne di questo archivio e – in termini più pratici – come vogliamo che venga gestita la nostra eredità social in vista della nostra dipartita. Vogliamo che qualcuno erediti i nostri dati e decida cosa farne? Preferiamo che alla nostra morte fisica segua anche una morte digitale (e quindi la nostra presenza su Facebook e gli altri social network venga completamente cancellata)?
Alcuni di noi potrebbero addirittura desiderare che la nostra pagina Facebook diventi una sorta di profilo commemorativo, utilizzato da parenti e amici per tenere viva la memoria e aggiornarla con i ricordi che ci riguardano (foto, pensieri, video, ecc.).

Gestire l’eredità
“Mai come oggi le più diffuse tecnologie digitali sono in grado di aiutare i parenti e gli amici a perpetuare il ricordo di una persona cara tramite nuovi ed evoluti strumenti”, scrive Giovanni Ziccardi su Le Macchine Volanti. E aggiunge: “Strumenti mai presenti, prima, nella storia dell’umanità e che, in molte occasioni, si affiancano a comportamenti tradizionali antichi come l’uomo ma che sfruttano al meglio le capacità di amplificazione, di connessione e di persistenza delle informazioni garantite dalle nuove tecnologie”.

Una cosa va detta: Facebook, da questo punto di vista, si è da tempo organizzato per consentire agli utenti di gestire il loro testamento digitale. Dal 2011 è infatti possibile nominare un contatto erede che può gestire in libertà il nostro profilo postumo.

“E se uno non volesse rimanere eterno, avrà la possibilità di eliminare tutti i dati e le sue tracce digitali per sempre? Di far sì, in altre parole, che le informazioni muoiano insieme a lui?”, si chiede ancora Ziccardi: “E, magari, di poterlo fare in maniera automatizzata – per esempio, come conseguenza diretta della morte fisica – nel caso si registrasse un periodo più o meno lungo di inattività, cancellando i dati definitivamente o mantenendoli in rete ma impedendo l’accesso da parte di chiunque?”.

Per quanto con il testamento digitale si sia compiuto qualche passo avanti (consentendo la cancellazione dei dati che ci riguardano da parte di “utenti eredi”), ancora manca un meccanismo che automatizzi la cancellazione di un profilo dopo un determinato periodo di inattività che potrebbe, inevitabilmente, anche significare la morte dell’utente a cui il profilo apparteneva.

Un tema importante non soltanto per rispettare la privacy degli utenti, ma anche per le direzioni (vagamente inquietanti) che sta prendendo l’innovazione tecnologica. “Tale riflessione”, scrive sempre Ziccardi, “comporta però anche un’attenzione a quale sarà il destino di tutte le nostre persone, identità digitali, alter ego virtuali, corpi elettronici che hanno preso forma nel corso di anni di attività online e, soprattutto, quali saranno le persone che potranno disporne e che, in ultima istanza, potranno prendere delle decisioni sul modo di utilizzarle”.

Tornare indietro
A questo punto, è inevitabile ricorrere a una citazione di Black Mirror nell’episodio Be Right Back della seconda stagione della serie distopica ideata da Charlie Brooker. Nella puntata, Ash, fidanzato di Martha, muore in un incidente stradale. Durante il funerale, un’amica racconta a Martha dell’esistenza di un programma in grado di ricreare un avatar virtuale dei defunti, utilizzando tutte le sue foto, mail, video, commenti postati sui social, sms e quant’altro per ridare vita a una versione digitale di Ash – dotata di una personalità indistinguibile da quella originale – con cui avrebbe potuto chattare.